Sono Bambina
Neve
Neve lieve e candida immancabilmente avvolge tutto con il suo manto bianco. Fa divertire i bimbi spingendoli a far capriole e lei sempre ridente e luminosa cercherà di resistere per farci felici. Ma tutto ha una fine e ritraendosi lentamente si ricopre con una veste fiorita in attesa per noi di nuovo.
2 Novembre 1983
La mamma
Il bisogno di sentire di lei tutto l'amore, la sincerità, la lealtà; lei dà tutte queste cose abbracciando il suo piccolo. La mamma tutto quello di cui non si può fare a meno: la gioia di sentirsi con le i e pensare che...la si può ferire. Ma lei sopporta, sopporta per farci felici...sopporta perché è una mamma. La persona più cara che esista.
3 Novembre1983
Il papà
L'amore che ti avvolge
che solo lui può dare,
che ha la forza di lavorare per te.
Un’ala grande
che ti copre di sincerità:
le braccia di un papà,
che ti vuole bene.
5 Novembre 1983
Nel Tempo di Mezzo
Non inutile
Chi ama, chi cerca, chi spera,
chi vuole, chi impone, chi vive.
Questo si deve essere:
non un parassita qualunque,
ma un fiore superbo che
domina e trascina,
travolge ed incanta.
Per essere se stessi,
per non lasciarsi vivere
ed essere felici, davvero!
30 Aprile 1987
Amore
L'amore esiste perché
esistiamo noi:
per il sole,
l'acqua ed il vento.
Se non ci fosse amore
saremmo nel tormento
ed il buio,
solo,
ci verrebbe incontro
di spettri, angosce... morte.
Se non ci fosse amore…
non ci sarebbe niente.
13 Agosto 1987
Erbavoglio
Poter amare come lo sono io...
Poter sognare quando dico io...
Poter vivere come penso io...
Tutto potrei fare,
se lo volessi.
16 Agosto 1987
Verde silenzio
Bosco,
regno di segreti,
custode di vita,
m'incanti
del sogno più bello
di ombre e riposo
ed i raggi
in fasci
giocano tra i rami,
scherzosi,
destinati a finire
nelle ombre del buio
ed i mille fruscii
del vento leggero,
che intona melodie
per il sonno dei pettirossi.
29 Agosto 1987
Pagine bianche
Dei miei
giorni
allietate le
ore,
pronte
aspettate il momento
per consolare,
divertire,
commuovere.
Quando sono
malata
se non riesco
a capire,
dolce rifugio,
risposte alle
mie domande infantili.
Pagine bianche
statemi intorno
sopportate
ancora
gli sfoghi
irruenti,
solo una
volta,
ancora,
un'ultima
volta!
27 Aprile 1988
Un chiodo arrugginito mi
buca il pancino
3 Maggio 1988
A posto del cuore mi sento
gonfia e pesante, vorrei piangere!
Dare un bacio a qualcuno!
31 Maggio 1988
Ho il petto pieno di piombo, non ho
gambe per scappare né braccia per lottare.
Solo gli occhi che piangono
e le orecchie che ronzano e una
testa che scoppia, incapace di
capire, pensare, immaginare, vivere!
Cosa fare quando il nulla ti annienta?
Delusione, amarezza, vuoto sono in me: li sento andare su e giù per la schiena, scorrere nelle mie vene solo piene di angoscia.
Notte
Lunghe le dita del buio
avvolgono il cittadino grigiore.
Lucciole
brillano in gocce di stelle.
Serena la notte cala dentro me:
un mare,
toni caldi in colori di fiori.
Pace
Malcolm
cristallina scivola una lacrima
sul vellutato petalo
incorniciato da riccioli bruni.
Perché sei così buio, solo... disfatto?
Sento i sospiri dell'animo nelle tue rime,
tristi singhiozzi
sfoghi silenziosi, ricercati.
Dov'è la tua fanciullezza
così... sbiadita
coperta, nascosta?
Esci, spera:
sei un uomo,
vivi!
Notte blu
Sfuma l'ultima nota,
nell'indaco orizzonte
si perde il blu del jazz.
Fresca, profumata
l'aria
mi bacia i capelli.
Solo malinconia è con me,
invoco la magia
d'un archetto sulle corde.
6 giugno 1988
Sola
Rimango tra gli altri
col buio nel cuore.
Il sole mi gela l'animo
dentro
il ghiaccio mi devasta.
Infinite schegge trafiggono
l'io nascosto sotto i mille sorrisi
distribuiti per non far soffrire
ancora.
24 Giugno 1988
E' una magia il sogno recondito dell'animo.
Colpisce lo spirito ignaro,
rinchiuso in un insulso involucro
bello,
ma destinato a finire.
Cos'è questa follia?
L'amore che fa batterei cuori
gai, infelici, gonfi, disfatti.
Chi è questa malattia?
Un timido raggio di sole che spicca
lucente,
tra le nubi e fa soffrire...
mi fa soffrire
10 Luglio 1988
Amore, ti conosco?
Il muschio di un albero,
libri in soffitta,
petali secchi
il sole che spunta
dentro un cielo profumato:
questo sei,
non la scialba immagine
di un volto poco conosciuto.
Non vivi bene così, vivi per sensazioni: quando le hai finite? sei morto?
14 Ottobre 1988
L'immagine tangibile
d'un sogno dell'animo.
Squarcio di vita
in un brivido universo.
19 Ottobre 1988
La mia immagine è infranta
nello specchio della vita,
oppressa dalla consapevolezza
di tormenti nascosti,
ma accesi.
Solo in me è la forza per la verità.
20 Ottobre 1988
Sento un vuoto intorno a me, tutto crolla. Anzi, peggio: sta su, ma puntellato da stuzzicadenti. Avanzo decisa, ma non sicura sulla lama dell'incertezza. Fili sottili mi sostengono, invisibili, ma pronti e robusti. Solo in me esiste la facoltà di scioglierli, di lasciarmi cadere nel baratro dell'apatia. Non posso: sono viva dentro, d'amore.
2 Dicembre 1988
Adolescenza
Caldi colori d'autunno
riempiono i meandri melanconici
d'un io distratto,
sciolto per il dolce vento
dal suo legame terreno.
Nuota nel tiepido sole meridiano
vagando tra trecce di sogni,
pronto a cadere
sull'aspro letto d'una realtà
che scorre veloce,
per sempre.
10 Dicembre 1988
Come capire
i tormenti nascosti d'un animo in pena, gli sguardi carichi di un cuore saturo,
le accese passioni di occhi stanchi di lacrime,
i piccoli gesti di una mente delusa?
Questo vi chiedo: l'impossibile.
13 Gennaio 1989
Credere significa accettare un codice morale che spesso esige eroismo, sempre coraggio e lealtà. La crisi della fede trae la sua origine non soltanto dall'ignoranza e dalla superficialità, ma anche dalla pusillanimità, dalla pigrizia e dalla sporcizia dell'animo.
30 Maggio 1989
-Tempo- infinito
Guida e maestra la vita
sgocciola poco a poco
pel filtro d'ogni gente.
Lacrime sparse, solide, infinite
storie d'uomini
realtà vissute.
23 Settembre 1989
Il
tempo presente, quel fuggevole attimo di vita tanto atteso, ma già compiuto, inafferrabile
nella sua fugacità, è paragonabile alla
sottilissima differenza che esiste nell’intervallo tra un Sol # e un La♭. Solo
la mente e la razionalità umana possono cogliere la pienezza dell’istante che
passa e catturarlo, renderlo per un momento interezza vivente. Tuttavia il
tempo presente, se pure così immediato e impalpabile, è un dato fondamentale dell’esistenza: è la testimonianza
di ciò che fu e la cagione di ciò che
deve essere. Sebbene consapevoli del valore di ogni attimo, non siamo talvolta
capaci di servircene fino in fondo, non aiutando la nostra crescita, ma
sprecando l’unica cosa che invero possediamo: il tempo che abbiamo da vivere.
Mentre stiamo studiando la storia del nostro passato, determiniamo la storia
del nostro futuro, non solo con scelte, ma anche con rinunce. Questo perché
ognuno di noi è come una piccola goccia d’acqua, colata nel corso di infinite
altre gocce che, come un fiume, scivolano via compatte unite fra loro, ognuna
principio fine, ognuna parentesi intangibile, ma reale come una lacrima nella
pioggia.
27 Settembre 1989
Diciott'anni
Sentiti bruciare con un ferro rovente nello stomaco: una
mole di vita arsa in un attimo, trafitta da quel raggio di sole capace di
donare la luce ad infinite menti e renderle parte viventi della caduca verità
terrena. Oddio, fosse questa la “verità!” Ma no, è solo parte di una conoscenza
minima eppure così tanto difficile da raggiungere… Il suo prezzo è la
consapevolezza del poco, inafferrabile tempo che ognuno ha a disposizione per
riscattarsi, per servire, per vivere ed essere uomo. Diciotto anni di amore, odio,
gioia, dolori sempre avvolti in un frenetico vortice che spinge, sfonda, tira,
strappa… di corsa, di corsa: in gara con quell’attimo che ti sguscia fra le
dita e poi un altro ed un altro, così, così… Senza un momento per prendere
fiato, per chiedersi perché… Con la paura che ogni attimo di riflessione sia
solo il tentativo di sottrarsi alla realtà violenta e travolgente dei secondi
che scappano, scivolano via, laciano impotente a gridare invano: “BASTA, BASTA!”.
Diciott’anni che potrebbero essere dieci, trenta, settanta…
Diciott ‘anni che per fortuna sono solo diciotto e saranno
solo trenta, solo settanta, solo…
2 Dicembre 1989
Sogni
ma perché possiamo
sognare se non è
poi possibile far sì
che le speranza da
noi concepite divengano
realtà anche con
fatica e sacrifici?
18 Gennaio 1990
Prosciugata? Mi sono inaridita? Non più versi sulla carta, ma solo presuntuose banalità. Eppure freme l’animo mio, tentando di evadere ed esplode il mio pensiero in sporadici flash di passione.
È questo il prezzo per essere imposta la mia volontà? Per cercare di costringermi in un ordine forzato? Oppure ho semplicemente esaurito quel pozzo tanto scarso che ho dentro?
18 Maggio 1990
Embrioni
maschere vuote
un labirinto d’ombre vane.
Sola vago
alla ricerca di un alito di vita
e m’illudo
sempre
in questa corsa infinita.
20 Ottobre 1990
In certi momenti vorrei
che bastasse spegnere una luce.
Ma è impossibile perché me ce n’è una che non si spegne
…per fortuna.
Infinito… indefinito
tanto vent’anni nel tempo cosa sono?
9 Gennaio 1992
Probabilmente è perché questa notte ho dormito poco, forse il mio cuore possiede troppo e troppo violentemente il mio cervello che sospira dietro le note di Bruce Springsteen o sarà che sto viaggiando in una lunga lamiera delimitata solo dal bianco che le scorre vicino, ma ho davanti un susseguirsi di immagini tutte diverse e con colori incredibili. Ogni tanto sento lo stomaco che si stringe ed il cuore che sospende per un attimo, ingoiando subito dopo un grosso sorso di vita. Non ritengo il vestito passato, non è mai del tutto passato finché non decido di chiudere e dire che è passato. Forse dato gli scritti per avere dei riferimenti , ma cosa era ieri se non solo un altro domani da rivivere sempre?
Ma cosa era ieri se non solo un altro domani da rivivere sempre ? Mi piacerebbe stare due giorni in un vecchio convento per sentire il silenzio.
11 gennaio 1992
Perché ho sempre questo bisogno di sfogare ciò che ho dentro? Agendo così sono molto vulnerabile, ma non posso farne a meno; spero di imparare a trattenermi… Ma forse non sarei più me stessa o devo solo imparare ad andare più lenta, perché tanto tempo non si può raggiungere. È vero, ma lo si può anticipare. Devo crescere ancora, ma riuscirò ad arrivare prima. Non per ambizione, ma è la maturazione di queste enorme spinte che sento dentro. Deve essere così anche l’amore, in me.
1° Febbraio 1992
Certe volte penso di essere completamente pazza, ma se ciò che vedo e sento e frutto di questa pazzia non voglio guarire mai.
2 Aprile 1992
Sting canta ed apre porte infinite alla mia mente che nuota fra vortici ed aliti di indaco vento, mentre sono a pochi passi da Gerusalemme con i miei occhi nei tuoi ed il cuore sul mio anche se ti posso vedere solo se tengo chiuse le palpebre. E’ tanto triste e dolce quello che provo mentre sento con la mente il tuo profumo che mi toglie il fiato e la tua voce che fa morire la mia in un singhiozzo che non ha limite, fino a quando non saremo di nuovo vicini. Assaporo queste lettere sulla lingua, tra le labbra, ma è un illusione, solo un dolce sogno. Lo voglio!
14 maggio 1992
Mi angoscerebbe sapere di non aver vissuto
anche solo per degli attimi
30 giugno 1992
C’è in me un rumore fortissimo, il bisogno di far uscire la potenza che ho dentro in modo organico, utile. Ho fame d’amore, di vita. Ho “cani nella testa” da cui mi libero solo con la forza che è tanta e furiosa… e con Dio.
11 Agosto 1992
C’è un silenzio in tutto quello che mi circonda: solo la pioggia e la voce ricca di Jim Morrison mi percorre libera come una corrente sottile di forza. Sto piangendo, ma è come la pioggia o un sorriso. E’ bellissimo lasciar correre lo sguardo, perdersi nell’infinito. E’ come essere una foglia di quell’albero scossa dal vento: ci si ubriaca di felicità e di spazio. Ora di spazio. Durerà per sempre perché ho tutto l’amore del mondo chiuso in me. Il mondo un giorno riuscirò a provare ciò mi riempie, respirerà Dio e l’infinito e conoscerà chi è stato e sarà perché il tempo non esisterà più.
10 settembre 1992
E’ dolce ritrovare anche così lontano dal proprio intimo passato qualcosa che lo può far sentire tanto vivo, da qualcuno che non sa nulla.
19 Settembre1992
Forse la felicità è l’intuizione che abbiamo di Dio.
16 Novembre 1992
Vorrei essere il vento per passare attraverso la tua maglietta, per potermi confondere col tuo profumo, per inebriarti d'infinito... potrei, potessi...
23 Giugno 1993
Nuota nell'infinita densa collosa scura angoscia la solitudine.
15 Luglio 1993
Quattro anni dispersi nella polvere più sottile e da me non è venuto nulla che possa rimanere.
Mai, mai più! Lo prometto 1996
In Cerca
“ Che bello! C’è un altro ponte e questo è altissimo, vado ancora su’!”
La bambina è felice: ha un sorriso birichino e dolce sulle labbra umide che sembra non voler ridere anche nei momenti più pensierosi . Ha le guance rosse per l’eccitazione: Venezia è davvero come la vuole lei. Un labirinto misterioso da scoprire, ma grande ed è libera di vedere e sentire tutto. Le piace il velo un po’ grigio che intorno; forse è magico: si sente protetta e non riconosce in questo la tristezza impastata di malinconica angoscia che si respira nei castelli e nei musei. Più i momenti passano, più la piccola si crogiola nell’assorbire tutto.
Ha appena svoltato in un vicoletto buio per salire sul ponte e per qualche attimo non costeggia il canale dove ci sono le gondole così belle, le preferisce quando sono vuote e dondolano pigre su quell’olio sicuro, dove ogni tanto si specchia un raggio di sole che sembra mercurio quando esce dal termometro per la febbre quando si rompe .
Comincia a salire i gradini, arriva in cima al ponte e si aggrappa al parapetto di cemento per guardare giù, ma è difficile e fa anche un po’ male sotto le braccia. Quando però ci riesce, non se ne accorge più e rimane lì appesa a guardare tutte le cose che scivolano sull’acqua e spariscono sotto il ponte; e poi guardo ancora avanti tutti i ponti più piccoli e lontani, lontani. Si lascia andare e con un saltino tocca di nuovo per terra. Ricomincia a camminare e scende piano dall’altra parte, davanti alle case dritte con tutti i colori tenui. E’ di nuovo sulla strada e girando a sinistra costeggia il canale . Distrattamente guarda giù. Non c’è più nessun rumore, come quando tira il fiato e trattieni il respiro. E’ ferma adesso guarda l’acqua strana, aspetta e non so più se il tempo continua a passare.
Poco a poco emerge qualche cosa di verde scuro, piano: è una testa con due occhi lucidi che la fissano. Lei vuole andare via, ma non sa cos’è e aspetta, aspetta. È una sirena, uomo, l’acqua di scivola dal corpo lenta come un lenzuolo. Ha un coltellaccio e senza muovere la bocca in un ghigno dice: “ Ucci, ucci sento odor di Cristianucci!”.
È un segnale per la bambina che comincia a correre.
“Ma come fa a corrermi dietro con la coda da pesce?”
Non lo sa e corre, piccola si nasconde in mezzo alle persone. Tante adesso e sente dietro il respiro brutto che ripete quella frase e gira tutte le altre bambine per vedere se è lei: “Ucci, ucci sento odor… sento odor… sento odor...”.
C’è una macelleria e lei corre dentro. C’è puzza di sangue, non le piace, ma apre una porta spesa e pesantissima, di ferro. Ecco ci sono tanti pezzi di carne rossa appesi che vanno fino per terra. Il posto è buio e freddo, ma lei si rannicchia per terra dietro tante cose umide e fredde; se le metti tutte davanti, ha quella puzza nella gola che non la fa pensare a niente.
La porta si riapre e la luce comincia a filtrare tra i pezzi di carne spostati e lei presente le parole. E’ lì cattivo con il coltello lungo davanti: “Ucci, ucci sento odor di cristianucci!”. La bambina sente il suo cuore che non batte mai così forte come vuole lei e si sveglia. E’ buio nella stanza, lo stesso buio con la luce che filtra dalla finestra e deve aspettare tutto il giorno per vivere di nuovo a vedere se questa volta finalmente finisce.
Gennaio 1997
Sdrucciolevole attrito attrito della lunga sottile lama piatta che entra morbida e liscia nella carne fino all’osso bianco, poi striscia fuori piano e tira, tira la pelle attorno al taglio dritto, invisibile, ancora incollato a quel ferro che tira, tira e scivola sull’osso in uno scricchiolio nitido e dolce, nauseante.
10 Marzo 1997
Stretta, prigioniera con la voglia di girare per una città che amo, ma con l’angoscia dei miei dolori ancora così vivi. Così sono di nuovo qui. Ma non importa: tanto i sentimenti ed il pensiero non si fermano; sono solo un po’ più incastrati dalle parole, così relative(!). So di aver sbagliato tutto di essermi sporcata, buttata via, abusata, forse vecchia per tutto, disperata. Mi sento adesso con molto dolore che forse domino ed è quasi dolce. Vergine, sono una fanciulla pura che non conosce in una donna che sa, conscia dell’amore che così bello da dare. Che sta già cambiando il mondo perché è così piccola che niente la può fermare Ho l’infinito dentro, lo respiro ogni secondo. Mi brucia il cuore, ancora così forte ed ho bisogno del abbraccio qualsiasi di un’anima sincera!
E tutta la settimana che corro senza fermarmi su una lama sottilissima emi metto ogni secondo più in pericolo ed ho dovuto davvero toccare il fondo: ora la mia coscienza mi puoi finalmente sgridare e ricominciare a costruire.
Sono salita con tutti e due i piedi sul primo scalino della ristrutturazione di quella stupenda donna che ho sempre intuito di essere. È un peccato solo che sia così basso! Perché non aspetto mai nulla degli altri e so attendere all’infinito, perdonare, gioire e quando guardo me ho sempre così fretta di essere perfetta? E’ presunzione e disperazione che fanno buchi di acido muriatico nello stomaco.
Genova, Maggio 1997
Giovane uomo saggio,
ti amo perché hai gli occhi
più dolci e sinceri che conosca nel
volto più luminoso del mondo, perché
sei un bimbo che ha la volontà di
un uomo, perché sento la tua
voce che mi accarezza il cuore fino
a farmi luccicare le ciglia di lacrime.
Ti amo perché ti conosco così bene
e devo ancora scoprire tutto;
perché sei tu e non so chi sei, ancora.
Londra, Agosto 1997
uomini, donne, ragazzi,
stupidi, porci, sognatori
16 Ottobre 1997
Non lo conosco, ma emana
un'oceanica, infinita serenità
pace
è quasi un’isola dove il mio essere, orfano,
più profondo e così torturato, può stendersi,
senza tempo e volare leggero,
sogni.
28 Ottobre 1997
S’incontrano
due sfere perfette d’acqua innocente
s’incontrano spinte da strani venti diversi
correnti sconosciute, slegate.
Scivolano
e chiare si allungano lucide, tirate
lente, si staccano per rincorrersi subito
e subito, quasi per caso, unirsi ancora.
Forte: senza distinzione.
8 Novembre 1997
Respiri, soffi di dolore, colpe?
Riflesso negli occhi scuri, profondi dell’anima grave e così candida.
Vedo, vedo senza voler guardare e
sento nel cuore con l’aiuto che vuoi chiedermi, ma non puoi. Ancora
non sei libero di raccontarti l’amore
per me e ti nascondi nel sicuro reale rifugio della paura di
farmi soffrire. E sorrido dentro
in quell’universo di perfetta serenità.
10 Novembre 1997
profumo d’oro
caldo miele lucido
Why nobody can't more
turn off the light
in my soul?
tempo di attimi così lunghi
nell’attesa
12 novembre 1997
In un abbraccio d’estasi
sognavo di ballare stretta da
te tra nuvole e stelle
percorsi da quel fremito
pieno e senza fine.
Sei lontano, ma
stai chiamando me
per nome.
15 Novembre 1997
Sono attorniata da persone di tutti i tipi,
quasi mi gira la testa, bombardata da
frasi, affetti scomparse.
Sono angosciosamente sola,
da morire.
29 Novembre 1997
Desolazione
Secche lande aride di terra
piatta, spezzata
continua l’acqua fresca di quest’animo
e profumata
a caderle sopra, gentile
continua, ma scivola via
invisibile, si consuma lì
quanto stupido spreco!
11 Dicembre 1997
È la notte che nevica e sto per cominciare un viaggio, ma mi obbligo nell’attesa di scivolare via, piena di godimento per quel fremito infinito, pulsante. Vuole esplodere nell’orgasmo idilliaco che, grazie a Dio(!), posso così bene intuire, ma aspetto: non è ancora appagante come so che può essere, condiviso nel profondo dell’anima.
Forse voglio così tanto avere un figlio per la golosità che queste intuizioni mi provocano.
Tutto ciò è terribile.
15 Dicembre 1997
Si affollano negli occhi, nella gola, nelle dita milioni di pensieri che potrei raccontare in infinite pagine, ma ho paura di qualcosa (di potermi rileggere ?) ed è così facile riuscire a nascondersi nel bisogno di dormire per non invecchiare troppo in fretta.
23 Dicembre 1997
Solo buio caldo lucido
e così nero.
25 Dicembre 1997
Forse sono un poeta morto.
28 Dicembre 1997
Non posso farne a meno: è la mia anima che pulsa e vive, ma
ogni tanto vorrei che questa cosa collosa e densa fosse tolta tutta insieme
dalla mia pancia. Da qualcuno fuori da me, senza che io fatichi, solo per farmi
riposare un po’, per poco. Però quando mi tornerebbe dentro non saprei più: sarebbe
troppo.
La fame che ho dentro è così grande che ora, in questa
solitudine, non so più cosa inventarmi per nutrirla.
3 gennaio 1998
lasciarsi andare, così familiare!
Colori nudi mi girano nel cervello,
spigoli, attriti, schiocchi
e sbattono in queste parti molli
così abituate ed ancora così fameliche.
20 gennaio 1998
Sono passati molti mesi,
ma la piccola è gente
in quel piccolo mondo
parla ancora di me.
Se mi fermo a pensare, so che sono veramente stanca!
21 gennaio 1998
arte di un maestro pennello
ricami neri, precisi
si disegnano sulla nivea pelle
in arditi baci delicati.
Sogno brividi d’estasi
deliziata
nel sorprendere un nuovo sfiorarmi
di quell’intima piuma.
22 febbraio 1998
Stava finendo di raccogliere dati su quel femore: finalmente
aveva separato e catalogato le parti dei corpi che erano arrivati in un unico
contenitore con due nomi. Per fortuna un uomo ed un bambino, abbastanza facile,
mancavano solo le date: poteva prendersi una pausa per il per il pranzo.
Distrattamente alzò gli occhi del piano di marmo su cui
lavorava guardo fuori nella luce tiepida che filtrava dalla finestra , un po’
di malinconia foschia. Posò l’osso che aveva in mano e si tolse poi guanti così
fastidiosi, dopo tanto tempo non si era ancora abituata! Lo sguardo passo sulla
cucina a gas.
“Volete pranzare?”, chiese.
Aveva messo la testa fuori
da una delle due porte, in quel bussolotto buio. Una voce allegra, dalla luminosa stanza i
fronte, le rispose: “Vado a chiederlo alle altre, intanto tieni la cartella: è del
corpo arrivato questa mattina, lì sul lettino, a sinistra.
In un volteggio il sorriso fresco sotto gli occhi da
cerbiatto era sparito la ragazza se ritrovò di nuovo sola, con il fascicolo in
mano. Tornò nella cucina della villetta dove lavoravano, un po’ isolata sulla
collina e comincio con curiosità a sfogliare le carte . Trovò anche una vecchia
fotografia che ritraeva, quasi a figura intera, una bella ragazza alta con un
viso dolce. L’immagine era in bianco e nero, ma se capiva che era bionda, con
riccioli ordinati sulle spalle. Nome ebreo, niente data: la solita storia.
Le due ragazze che la aiutavano erano già lì ed armeggiavano
con pentole ed acqua: “Dov’è Mad?”, chiese.
“Arriva”, le risponde
una delle due, “dava un’occhiata al corpo sotto il lenzuolo”, spiegò.
Non aveva ancora finito
di ascoltare la risposta, quando si sentì un grido soffocato, un tonfo sordo e,
prima ancora che qualcuno se ne fossi reso conto, l’incubo era cominciato.
Un incubo, non poteva esserci altra spiegazione, un incubo
folle vorticava nelle menti sconvolte delle ragazze che si erano voltate in un
sobbalzo: lì nel del rettangolo buio si tagliava un corpo bianchissimo, nudo,
perfetto, su cui in un viso tirato occhi di un demone pazzo brillavano d’odio
puro. I capelli nerissimi, lisci lunghi fino alle spalle si confondevano con lo
sfondo e la bocca, le labbra, le dita erano rosse di sangue; urlava, urlava in
un miscuglio di lingue dall’accento duro, violento. Si riuscivano a cogliere
solo parole sparse: ”Pagate tutto quel dolore… carne bruciata, morte… morte,
pagate… morte!”
L’immagine spaventosa
catturava la sua mente con una spirale melmosa, sporca. Un buco nero che
divorava vorace ogni tipo di razionalità . Solo la paura e l’angoscia riuscirono
a farle gridare: “Fuori! Fuori tutte!”.
Con un salto si trovò nel salotto. Si voltò e vide solo una
delle due ragazze; in un attimo, si affacciava di nuovo alla porta della cucina
per vedere solo sangue, sangue e quel mostro pazzo, quel demoniaco parto della
follia che stava bruciando carne sul
fuoco della cucina a gas, carne umana ed urlava completamente assorbita da quella
furia.
Da un angolo del cervello un
piccolo lume cominciò ad attirare la sua attenzione. Coi primi sprazzi di
lucidità si costrinse a chiudere la porta, piano, e a voltarsi. La ragazza lì
con lei era sconvolta, sotto shock: gli occhi spalancati non vedevano più
nulla, i fotogrammi catturati prima continuavano a passare nella sua mente
avanti e indietro , disordinati. Cercò di parlarle: “Senti, devi reagire. Per
favore, corri fuori, corri. Chiama qualcuno. Devo andare a cercare Mad. Avrà
paura. Ti prego, riprenditi”.
Intanto la guida verso l’uscio,
quasi tirandola, ma si rese conto che non poteva farle fare nulla.
“Vado di là”, disse, “vado a telefonare alla
polizia e torno”.
Mad, doveva trovare Mad. Entrò
nella stanza del lettino, il fatto che il cadavere non ci fosse più non aveva
senso. Mad era sparita, doveva essere salva, doveva! Non si accorse del piede
con la scarpa da ginnastica che spuntava dal bussolotto buio.
Tornò in salotto dalla ragazza che
si era ormai accasciata su una poltrona come una bambola rotta. Le si accucciò
vicino cercando di capire cosa fare; ecco non aveva neanche tentato di
telefonare.
Aveva una strana calma dentro, una calma
ormai impossibile; si accorse che da qualche secondo c’era silenzio. Alzò gli
occhi verso la cucina proprio nel momento in cui la porta si apriva.
Il sangue, a tratti ormai coagulato, chiazza va il corpo
nudo ansante e quel viso stravolto la fissava con occhi strani. Lì sul pavimento,
impotente ed indifesa, lasciò uscire dalle labbra con un fiato: ”Perché, Dio
mio?! Ma perché?”.
Lo sguardo posato su di lei sembrò metterla fuoco ed uno
strano suono, una voce che sembrava quasi uscire dal petto di quell’essere
cominciò a parlare prima in modo eccitato, confuso, poi più chiaro.
Descriveva immagini terribili , cruente , oscene. Parlava di
donne, uomini, bambini devastarti: un turbine di descrizione apocalittiche le
vorticavano davanti agli occhi. Aveva odore di sangue nel naso e la gola le
bruciava per il fumo. Puzza di carne bruciata.
Raccontava, raccontava e si calmava , no: si spegneva piano.
La pelle del volto si stavo incollando al teschio, sempre più livida, marcia ed
in pochi minuti imputridì e si consumò fino a scoprire lo scheletro bianco che
cadde sparso sul tappeto come dei fiammiferi dalla scatola .
La malinconica foschia fuori era sempre la stessa e quella
non luce filtrava attraverso il vetro del salotto dove lei era in piedi.
Non sapeva quanto
tempo fosse passato: ore, giorni, una vita intera ed ancora quella morsa le schiacciava
il cuore, lo stomaco.
Nel cervello, quella voce cattiva le parlava: “Piangi,
lavati la coscienza tu che puoi; piangi Mad, ipocrita! Tanto tua sorella è
morta: lei è schiacciata, soffocata da metri di terra umida là sulla collina.
Mentre tu sei qui, schifosa, a piangere solo perché sei viva e ne godi!
Continuava a ripeterle frasi sadiche cui lei non voleva ,non
poteva sottrarsi perché quella voce sporca era la sua.
13 Marzo 1998
Tutore
longilineo Ninfo bruno
seduto su quello scoglio nel mare d’erba
si alza e mi prende per mano.
14 Marzo 1998
Ho sognato Niki.
Fremiti percorrono la pelle tesa
tra le costole, fra le anche
sensazioni interrotte da un risveglio prudente.
15 Marzo 1998
L’ostetrica le dice di spingere e lei non vuole, ma non può
farne a meno e cede alla violenza e spinge e sente il suo bambino uscire dal grembo. E’
piccolo e lei mi afferra la mano e la stringe forte e mi chiede con gli occhi di non farle vivere
quell’assassinio. Lei non può esserne cosciente, per la sua salvezza: il
bambino è vivo, perfetto, ma troppo, ancora troppo piccolo per essere tirato
fuori. Dio quegli occhi che non possono guardare (!), stanno annegando nel
dolore e possono solo aggrapparsi ai miei .
Mi odio e mi odierò di più la prossima volta perché so che
non potrò di nuovo farne a meno e, attraverso i miei sensi, il mio corpo
rivivrà nella carne e nel cervello, nell’animala sofferenza e nessuno, non
quella donna, nessuno sarà mai aiutato da questo mio dolore.
Poi in un singhiozzo mi chiede cos’è. “Maschio”, le rispondo
e lei mi stringe la mano e me la grafia isterica, senza rendersene conto per
tanto, così tanto tempo.
Oh Dio, così tanto tempo!
30 Marzo 1998
Posso spostare il mondo
Non mi chiederò nulla,
non posso, non voglio,
ma solo perché
non si può sapere più di così.
Posso solo crescere e crescere.
E lui, lui viene da lontano ed è un cercatore
ed è bello come il
sole
e trasforma i sogni in gradini su cui sale e
trascina chi ha
intorno.
Il vissuto non l'ha sporcato.
5 Maggio 1998
Ho urla di gioia e luce nel cuore
che straripano da questa crosta nera che mi pareva ormai perdutamente secca e
sterile, lame di fuoco potenti, pure! Strepitosamente inarginabili, appena
cavalcabili: riesco a fatica ad ordinarle, incanalarle con ferrea volontà
razionale che da lontano è confusa con voce di mamma e mi ripete instancabile:
“Prudenza!”
21 Maggio 1998
Luce, ricerca di pace
così inutile sofferenza
consapevole
di serenità e forza nell’anima
da troppo tempo nascosta
Chi sa dove?
Lascio cadere lenta la sera
fra le dita.
24 Agosto 1998
Scricchiolii di carta
stropicciata mi invadono
la testa. Rumori fastidiosi,
insistenti, ansiosi.
Scorrono lacrime sul viso del
mondo, colorata crosta di dolori.
Pulire,
pulire.
Voglio soltanto lavare via tutto.
25 Agosto 1998
Qui è la pace del grande uomo:
nell’insofferente consapevolezza
dei Santi.
5 Settembe 1998
Nel caotico frastuono, vedo
chiaro in stagni a volte luminosi, spesso così disperatamente opachi, solo
diffidenza, tanta solitudine.
Sogni e speranze coperti da quintali di paura
che puzza.
Ogni tempo che passa, l’odore
acre pesante cresce ed il mondo è sempre più colorato, sintetico, stordisce. C’è
sempre più desiderio, più bramosia, più potere, meno libertà.
È scomparso sottovoce
qualcuno un giorno per caso
reinventerà il sussurrato ,
spero presto.
E si potrà di nuovo scoprire la
sorpresa di un urlo nel silenzio.
12 Ottobre 1998
Lo giro, lo rigiro
Il mio sguardo entra intimo e chiedo perché.
Tra le dita l’anello d’oro è prepotente in tutto il suo giallo come se aspettasse, potente perché sa.
“ E’ un antico bottone sardo”
La mia mente ripete per non sentire l’angoscia di quel gioiello il dito e della pretesa cui è legato.
Pretesa, promessa, Ci guardo attraverso e non vedo altro che la carne, la mia pelle.
16 Dicembre 1998
Finte angosce malate cercano di
rapire la mia anima ora, ancora così fragile. Sto cercando la pace nel modo più
difficile: musiche di voci calde si confondo nel rosso crepitio della legna. Lingue
di fuoco delicato, sempre diverse, mi raggiungono il cuore ed il cervello così
bombardato da volti, sguardi, lamenti.
Non ho il diritto di essere infelice,
non ne sono capace. Solo, quando soffro ho la tentazione di lasciarmi andare
lontano, lontano, lontano, lontano.
Fragile scivolo via, ma da quel
punto ancorata mi osservo stupita di come possa spostarmi e sono stanca, sono
sempre più stanca di dover tornare e più aspetto, più sarà faticoso.
Questa volta quella corrente pigra e viscida
non mi trascinerà.
28 Dicembre 1998
Non sa che quel pezzo
di cuore l’avevo chiuso stretto,
stretto ed in un soffio
me lo libera, esplode
nella sua patente fierezza
e grida di godimento!
E rivedo nelle mani bianche, tendine e delicate di quel giovane amico, il miraggio del sogno lontano che mi accoglie caldo, forte, sereno nelle carezze di un bimbo curioso.
29 Dicembre 1998
Ho dolore e rumore dentro non lo inseguo, ma mi sta appiccicato
come una colla viscida, densa, sporca. E' quest’uomo; è ancora un mondo che può
squarciarmi come nulla prima. Dov’è la
mia potenza? Consumata nello sforzo disperato di rimanere aggrappata a qualcosa
di così sfuggente come il tempo, la vita.
25 gennaio 1999
Non so che nome abbia ha,
ma so che ha la faccia
del mio nemico,
per sempre.
27 Marzo 1999
Ho visto
il sole riempirsi di vino rosso
ed addormentarsi sulla collina per un istante;
uomini col cuore d bimbo, incapaci
di comprendere la loro intuizione,
distruggersi lenti e determinati.
Ho visto il mare ed il vento,
la gioia di esserci in giovani corpi danzanti;
ho visto la vita e la morte, tenendosi per mano,
fare una libagione alla libertà;
i miei occhi spaventati chiedere aiuto
ad orecchie troppo piene delle proprie voci.
Ho visto l’infinito diventare piccolo piccolo,
un uomo ed un gatto avere l stessa natura e gli stessi
colori.
Ho visto
Quasi tutte le stelle del cielo venire giù ed in ginocchio
fare una processione per pregare il dio pagano dei miracoli;
il mio bimbo non nato stare in braccio
al suo bisnonno sorridendo felice in attesa.
Vedrò.
16 Agosto 1999
Dal cielo lacrimano
stelle
sui desideri del mondo
18 Agosto 1999
Finalmente la mia vita sta rallentando. Non è che vada proprio piano, ma comincio ad essere tutta insieme dove sono, consapevole e non solo trascinata dal motore che mi romba dentro . Voglio essere me, mi piace! Ma esserlo così tanto da non avere più paura di nessuno !